"La Traviata",
l'Opera Lirica a Senigallia,
proiezione in Alta Definizione con impianto sonoro dedicato!!
Sabato 15 Gennaio 2011, ore 21,00.
...Teatro La Fenice - Senigallia
Informazioni e prenotazioni: 335.1776042 - info@fenicesenigallia.it
La storia di una delle figure più famose della lirica: dall'insuccesso iniziale al trionfo duraturo dell'eroina immortale nata dalle righe di Dumas figlio e trasfigurata dalle note di Verdi su libretto di Piave.
di Maria Agostinelli
La Traviata, opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, vede la luce nel 1853 e viene tradizionalmente inserita nella cosiddetta “trilogia popolare” insieme al Rigoletto (1851) e al Trovatore (1853).
Tre opere destinate ad una fortuna eccezionale, le cui arie e i cui duetti sono entrati prepotentemente nel sentire comune. Tre opere che si reggono anche sulla forza e sull’originalità dei loro personaggi: un buffone di corte, una zingara assassina, una prostituta d’alto bordo.
Personaggi socialmente marginali. Verdi li pone sotto l’occhio di bue del palcoscenico, attraverso di loro compie una “stilizzazione melodrammatica, una concentrazione alfieriana del dramma in pochissimi eroi essenziali. […]
L’eroe, snaturato da enormi e smisurate passioni, riacquista attraverso il dolore e l’amore la sua umanità”
(Massimo Mila, Breve storia della musica, Einaudi 1963).
Certa critica ha voluto vedere nella scelta di questo soggetto un avvicinamento alla vicenda personale di Verdi, compagno di Giuseppina Strepponi senza esserne il marito. Un legame mal visto dai più, soprattutto mal digerito dal padre di lei. I due - si racconta - cercano di sfuggire per un po’ al giudizio sulla loro unione andando a Parigi. E qui Verdi assiste alla rappresentazione de La dame aux camélias, dramma teatrale in tre atti di Alexandre Dumas figlio, andato in scena nella capitale francese il 2 febbraio 1852. Le vicende della prostituta Marguerite Gautier descritte da Dumas si rifanno alla storia vera di Alphonsine (detta Marie) Duplessis, una ragazza conosciuta personalmente da Dumas e morta giovanissima. Per Verdi è una folgorazione e decide che quello diventerà il soggetto della sua prossima opera per La Fenice di Venezia. Insieme al librettista Francesco Maria Piave definisce la vicenda e dà a Margherita un altro nome, ugualmente floreale (a sottolineare la caducità del personaggio, proprio come la camelia che lei regala ad Alfredo) e forse destinato a scavalcare il primo: Violetta.
Ecco allora la Traviata, o meglio Violetta Valéry, la cortigiana parigina protagonista dell’opera lirica più rappresentata nella storia.
Qual è la sua storia?
Siamo nella Parigi di metà Ottocento e tutto ha inizio in casa della bella e giovane Violetta Valéry, famosa cortigiana. C’è una festa: Violetta sa di essere gravemente malata e vuole dimenticare la sua condizione tra danze e vino.
Il suo amico Gastone le presenta Alfredo Germont, un giovane incantato dell’incredibile fascino di lei, che le dedica un brindisi. I due ballano insieme, cosa che non sfugge all’amante abituale della donna, il barone Douphol. Improvvisamente Violetta, allontanatasi dagli altri invitati, si sente male. Viene raggiunta da Alfredo che le dichiara il suo amore. Violetta nicchia, dice di non credere ai sentimenti, ma alla fine gli regala un fiore. È una camelia: quando sarà appassita Alfredo potrà rivederla. Il giovane se ne va pieno di speranza e Violetta, a festa finita, accarezza un’idea spregiudicata: lei, una cortigiana, per la prima volta si potrebbe innamorare sul serio.
Ma subito fugge al pensiero e canta con gioia alla sua vita di piaceri.
Salto temporale:
Violetta ha ceduto all’amore di Alfredo e ora i due vivono felici in una villa di campagna, lontani da Parigi. Versano in cattive condizioni economiche, e Violetta decide di vendere i suoi gioielli e i suoi averi per pagare i debiti di lui e poter continuare la convivenza. Alfredo non riesce ad accettare la cosa: parte per Parigi alla ricerca di soldi.
In sua assenza arriva il padre, Giorgio Germont. Prima aggredisce Violetta accusandola di voler rovinare il figlio e poi, quando scopre che in realtà le spese sono tutte sostenute da lei, le chiede l’impossibile: lasciare Alfredo, liberandolo così da un’unione scandalosa che lo macchia d’infamia e che impedisce alla sorella di lui di trovare marito.
Violetta all’inizio rifiuta recisamente – Alfredo è tutto ciò che ama, la sua unica ragione di vita – ma poi accetta per il bene del suo amante. Mentre gli sta scrivendo una lettera d’addio, di cui ometterà il vero motivo, Alfredo torna. Disperata ed emozionata, Violetta gli chiede ancora una volta di dichiararle il suo amore. Poi fugge. Una volta letta la lettera Alfredo piomba nello sconforto e viene consolato dal padre, tornato indietro con incredibile tempismo.
Trova un biglietto d’invito per una festa a casa di Flora: forse quella sera Violetta si recherà lì.
La festa è vivace e movimentata: balli, travestimenti zingareschi, vino. Alfredo vede entrare Violetta accompagnata nientemeno che dal barone Douphol. Subito lo sfida al gioco vincendo molti soldi. Poi, in un colloquio a quattrocchi con Violetta, le chiede spiegazioni, avendo come risposta che lei è innamorata di Douphol.
Alfredo, rabbioso, le getta ai piedi la sua vincita come ricompensa per le loro notti d’amore. Violetta sviene e Douphol sfida Alfredo a duello.
La salute di Violetta peggiora. Il medico comunica alla sua cameriera, Annina, che non le restano che poche ore di vita. Ma ecco che giunge una lettera: è di Germont. Alfredo è dovuto fuggire all’estero per aver ferito Douphol in duello. Germont gli ha detto la verità su Violetta e il giovane non vede l’ora di tornare da lei. Una volta arrivato in casa di Violetta, però, Alfredo si rende conto delle gravissime condizioni della donna.
A lei sembra di stare meglio, sembra che la morte possa allontanarsi. Anche Alfredo spera di poter tornare a vivere con lei. Ma è solo un’illusione.
Dopo aver regalato ad Alfredo una miniatura con il suo ritratto, Violetta muore tra le braccia dell’unica persona che abbia mai amato.
La Traviata si scontrò con la censura sia prima che dopo l’esordio: un tema scabroso unito ad un’ambientazione contemporanea, nessuna concessione consolatoria, nessuna illusione di allontanamento per la società borghese dell’epoca.
Se ne voleva cambiare il titolo in Amore e morte, se ne voleva ambientare la vicenda almeno un secolo prima. Ma Verdi non si diede per vinto. Alla prima rappresentazione per la Fenice di Venezia la Traviata fu un fiasco totale: sbagliati gli interpreti (Fanny Salvini-Donatelli nella parte di Violetta, Lodovico Graziani in quella di Alfredo, Felice Varesi in quella di Germont;), fastidioso il soggetto, ancor più fastidiosa l’attualità del contesto.
Andò meglio la rappresentazione del 1854, sempre a Venezia e con un’ambientazione settecentesca che assecondava di più i gusti del pubblico (ambientazione tenuta fino a tempi quasi recenti). Ma meglio ancora andarono le esecuzioni successive, dove la Traviata venne consacrata come uno dei capolavori dell’autore e una delle opere liriche più amate dal pubblico, immortalata, tra le altre cantanti, dall’appassionata interpretazione di Maria Callas per la regia di Luchino Visconti.
Un mito, si potrebbe dire, una figura immortale di donna che ha attraversato indenne tutti i mezzi artistici (letteratura, musica, cinema, pittura, anche televisione) e che - come Margherita o come Violetta - ha sempre richiesto interpreti d'eccezione: dalla Bernhardt alla Duse, dalla Garbo alla Callas, fino alle recenti varianti con Julia Roberts e Nicole Kidman.
l'Opera Lirica a Senigallia,
proiezione in Alta Definizione con impianto sonoro dedicato!!
Sabato 15 Gennaio 2011, ore 21,00.
...Teatro La Fenice - Senigallia
Informazioni e prenotazioni: 335.1776042 - info@fenicesenigallia.it
La storia di una delle figure più famose della lirica: dall'insuccesso iniziale al trionfo duraturo dell'eroina immortale nata dalle righe di Dumas figlio e trasfigurata dalle note di Verdi su libretto di Piave.
di Maria Agostinelli
La Traviata, opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, vede la luce nel 1853 e viene tradizionalmente inserita nella cosiddetta “trilogia popolare” insieme al Rigoletto (1851) e al Trovatore (1853).
Tre opere destinate ad una fortuna eccezionale, le cui arie e i cui duetti sono entrati prepotentemente nel sentire comune. Tre opere che si reggono anche sulla forza e sull’originalità dei loro personaggi: un buffone di corte, una zingara assassina, una prostituta d’alto bordo.
Personaggi socialmente marginali. Verdi li pone sotto l’occhio di bue del palcoscenico, attraverso di loro compie una “stilizzazione melodrammatica, una concentrazione alfieriana del dramma in pochissimi eroi essenziali. […]
L’eroe, snaturato da enormi e smisurate passioni, riacquista attraverso il dolore e l’amore la sua umanità”
(Massimo Mila, Breve storia della musica, Einaudi 1963).
Certa critica ha voluto vedere nella scelta di questo soggetto un avvicinamento alla vicenda personale di Verdi, compagno di Giuseppina Strepponi senza esserne il marito. Un legame mal visto dai più, soprattutto mal digerito dal padre di lei. I due - si racconta - cercano di sfuggire per un po’ al giudizio sulla loro unione andando a Parigi. E qui Verdi assiste alla rappresentazione de La dame aux camélias, dramma teatrale in tre atti di Alexandre Dumas figlio, andato in scena nella capitale francese il 2 febbraio 1852. Le vicende della prostituta Marguerite Gautier descritte da Dumas si rifanno alla storia vera di Alphonsine (detta Marie) Duplessis, una ragazza conosciuta personalmente da Dumas e morta giovanissima. Per Verdi è una folgorazione e decide che quello diventerà il soggetto della sua prossima opera per La Fenice di Venezia. Insieme al librettista Francesco Maria Piave definisce la vicenda e dà a Margherita un altro nome, ugualmente floreale (a sottolineare la caducità del personaggio, proprio come la camelia che lei regala ad Alfredo) e forse destinato a scavalcare il primo: Violetta.
Ecco allora la Traviata, o meglio Violetta Valéry, la cortigiana parigina protagonista dell’opera lirica più rappresentata nella storia.
Qual è la sua storia?
Siamo nella Parigi di metà Ottocento e tutto ha inizio in casa della bella e giovane Violetta Valéry, famosa cortigiana. C’è una festa: Violetta sa di essere gravemente malata e vuole dimenticare la sua condizione tra danze e vino.
Il suo amico Gastone le presenta Alfredo Germont, un giovane incantato dell’incredibile fascino di lei, che le dedica un brindisi. I due ballano insieme, cosa che non sfugge all’amante abituale della donna, il barone Douphol. Improvvisamente Violetta, allontanatasi dagli altri invitati, si sente male. Viene raggiunta da Alfredo che le dichiara il suo amore. Violetta nicchia, dice di non credere ai sentimenti, ma alla fine gli regala un fiore. È una camelia: quando sarà appassita Alfredo potrà rivederla. Il giovane se ne va pieno di speranza e Violetta, a festa finita, accarezza un’idea spregiudicata: lei, una cortigiana, per la prima volta si potrebbe innamorare sul serio.
Ma subito fugge al pensiero e canta con gioia alla sua vita di piaceri.
Salto temporale:
Violetta ha ceduto all’amore di Alfredo e ora i due vivono felici in una villa di campagna, lontani da Parigi. Versano in cattive condizioni economiche, e Violetta decide di vendere i suoi gioielli e i suoi averi per pagare i debiti di lui e poter continuare la convivenza. Alfredo non riesce ad accettare la cosa: parte per Parigi alla ricerca di soldi.
In sua assenza arriva il padre, Giorgio Germont. Prima aggredisce Violetta accusandola di voler rovinare il figlio e poi, quando scopre che in realtà le spese sono tutte sostenute da lei, le chiede l’impossibile: lasciare Alfredo, liberandolo così da un’unione scandalosa che lo macchia d’infamia e che impedisce alla sorella di lui di trovare marito.
Violetta all’inizio rifiuta recisamente – Alfredo è tutto ciò che ama, la sua unica ragione di vita – ma poi accetta per il bene del suo amante. Mentre gli sta scrivendo una lettera d’addio, di cui ometterà il vero motivo, Alfredo torna. Disperata ed emozionata, Violetta gli chiede ancora una volta di dichiararle il suo amore. Poi fugge. Una volta letta la lettera Alfredo piomba nello sconforto e viene consolato dal padre, tornato indietro con incredibile tempismo.
Trova un biglietto d’invito per una festa a casa di Flora: forse quella sera Violetta si recherà lì.
La festa è vivace e movimentata: balli, travestimenti zingareschi, vino. Alfredo vede entrare Violetta accompagnata nientemeno che dal barone Douphol. Subito lo sfida al gioco vincendo molti soldi. Poi, in un colloquio a quattrocchi con Violetta, le chiede spiegazioni, avendo come risposta che lei è innamorata di Douphol.
Alfredo, rabbioso, le getta ai piedi la sua vincita come ricompensa per le loro notti d’amore. Violetta sviene e Douphol sfida Alfredo a duello.
La salute di Violetta peggiora. Il medico comunica alla sua cameriera, Annina, che non le restano che poche ore di vita. Ma ecco che giunge una lettera: è di Germont. Alfredo è dovuto fuggire all’estero per aver ferito Douphol in duello. Germont gli ha detto la verità su Violetta e il giovane non vede l’ora di tornare da lei. Una volta arrivato in casa di Violetta, però, Alfredo si rende conto delle gravissime condizioni della donna.
A lei sembra di stare meglio, sembra che la morte possa allontanarsi. Anche Alfredo spera di poter tornare a vivere con lei. Ma è solo un’illusione.
Dopo aver regalato ad Alfredo una miniatura con il suo ritratto, Violetta muore tra le braccia dell’unica persona che abbia mai amato.
La Traviata si scontrò con la censura sia prima che dopo l’esordio: un tema scabroso unito ad un’ambientazione contemporanea, nessuna concessione consolatoria, nessuna illusione di allontanamento per la società borghese dell’epoca.
Se ne voleva cambiare il titolo in Amore e morte, se ne voleva ambientare la vicenda almeno un secolo prima. Ma Verdi non si diede per vinto. Alla prima rappresentazione per la Fenice di Venezia la Traviata fu un fiasco totale: sbagliati gli interpreti (Fanny Salvini-Donatelli nella parte di Violetta, Lodovico Graziani in quella di Alfredo, Felice Varesi in quella di Germont;), fastidioso il soggetto, ancor più fastidiosa l’attualità del contesto.
Andò meglio la rappresentazione del 1854, sempre a Venezia e con un’ambientazione settecentesca che assecondava di più i gusti del pubblico (ambientazione tenuta fino a tempi quasi recenti). Ma meglio ancora andarono le esecuzioni successive, dove la Traviata venne consacrata come uno dei capolavori dell’autore e una delle opere liriche più amate dal pubblico, immortalata, tra le altre cantanti, dall’appassionata interpretazione di Maria Callas per la regia di Luchino Visconti.
Un mito, si potrebbe dire, una figura immortale di donna che ha attraversato indenne tutti i mezzi artistici (letteratura, musica, cinema, pittura, anche televisione) e che - come Margherita o come Violetta - ha sempre richiesto interpreti d'eccezione: dalla Bernhardt alla Duse, dalla Garbo alla Callas, fino alle recenti varianti con Julia Roberts e Nicole Kidman.
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